Mi fa schifo. Tutto ciò è ripugnante. Che sia vero o che sia tutto una montatura pubblicitaria. Non si scherza con la vita di un bambino che si sta formando. Non aggiungo altro.
Una studentessa sostiene di aver realizzato una performance artistica con il sangue prodotto da interruzione di gravidanza.
Sdegno negli usa
Aborti spontanei per opera d’arte
E’ bufera sull’Università di Yale Ma l’Ateneo smentisce: “Solo una finzione artistica”
di MARCO STEFANINI
UNA PROVOCATORIA opera d’arte realizzata da una studentessa dell’università di Yale sta suscitando reazioni sdegnate, a livello istituzionale ma anche nella blogosfera americana. Aliza Shvarts sostiene di essersi sottoposta ripetutamente ad un’inseminazione artificiale, e di aver quindi assunto delle erbe che le avrebbero permesso di abortire, inducendo un sanguinamento. A quel punto, dopo aver filmato tutto il processo con una videocamera, avrebbe raccolto il sangue per usarlo nel realizzare la sua opera d’arte. Ma l’università di Yale, dopo che la notizia è rimbalzata su moltissimi siti Usa, smentisce che la studentessa sia mai rimasta incinta: “Si tratta solo di una finzione creativa”. Aliza ha iniziato a pensare a questo progetto riflettendo sul rapporto tra l’arte e il corpo umano. “Nessuna provocazione o volontà di sconvolgere la gente”, aveva spiegato presentando il suo lavoro ai compagni d’università e ad alcuni docenti. Nell’arco di nove mesi, stando a quanto dichiarato da Aliza stessa, si sarebbe sottoposto ad un numero non precisato di inseminazioni (almeno due), portate a termine da lei stessa con l’ausilio di una siringa senza ago. Successivamente avrebbe indotto degli aborti, usando erbe mediche. La studentessa, tuttavia, si è rifiutata di dire quante persone avrebbero donato il loro seme e, soprattutto, quante volte avrebbe abortito. Una volta ottenuto il sangue prodotto nel corso dell’aborto, Aliza lo avrebbe mescolato con della vaselina, per evitare che lo stesso potesse essiccarsi. Infine lo avrebbe versato su dei fogli di plastica, posizionati intorno ad un cubo, che dovrebbe essere appeso ad un soffitto. Sui quattro lati di questa installazione, dovrebbero essere proiettate le immagini del video girato dalla studentessa, mentre raccoglie il sangue in una tazza, sotto alla doccia. “Con questa mia operazione vorrei far riflettere la gente. E’ normale che alcune persone non siano d’accordo, ma non è nelle mie intenzioni suscitare scandalo”, ha spiegato. Dopo le reazioni negative di movimenti anti- e pro-aborto (“un progetto che offende le donne che hanno vissuto questo dramma”), l’università di Yale ha diramato un comunicato, in cui sostiene che la studentessa non si è sottoposta ad alcun aborto. “Si tratta di un’opera d’arte, una finzione creativa che vuole far riflettere sulla forma e la funzione del corpo di una donna”, ha dichiarato la portavoce dell’università, Helaine Klasky. Ma i dubbi restano, alimentati dalle successive dichiarazioni della ragazza. “Il comunicato dell’università è incompleto – ha detto – Nessuno potrà mai sapere è realmente accaduto, perché quest’opera si basa sull’incertezza”. Per adesso l’esposizione è ancora in programma dal 22 aprile al 1° maggio, in un salone dell’università di Yale. (tratto da repubblica.it, 18 aprile 2008 )
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